Il reggae diventa patrimonio dell'Unesco

Il reggae diventa patrimonio dell'Unesco

Per contributo a dibattito su questioni di ingiustizia e umanità

  • 30 novembre 2018
  • Musica
  • La Redazione

Il reggae ha “contribuito al dibattito internazionale su ingiustizia, resistenza, amore e umanità, sottolineando la dinamica del elemento come bianco in una sola volta cerebrale, socio-politico, sensuale e spirituale”. Questa la motivazione data dall’Unesco per la proclamazione del genere musicale originario della Giamaica come patrimonio dell’umanità. Suoni e ritmi che devono essere tutelati, protetti e promossi.

Il comitato speciale dell’organizzazione delle Nazioni Unite, riunito a Port-Louis alle Mauritius, ha evidenziato come il reggae abbia contribuito alla presa di coscienza internazionale “sulle questioni di ingiustizia, resistenza, amore e umanità”. Da Bob Marley a Peter Tosh, da Lee Perry and The

Upsetters ai Congos, molti i nomi degli artisti che hanno fatto grande il reggae nel mondo. L’annuncio è arrivato tramite twitter, con un post che rimanda alla pagina ufficiale dell’Onu nella quale sono spiegate le motivazioni della scelta.

Il reggae nasce da influenze e contaminazioni che uniscono la cultura giamaicana a quella latina, nordamericana e caraibica. Includendo, poi, stili soul, neo-afro e rhythm and blues, fino ad arrivare alla ska.

Un genere nato per dar voce all’emarginazione e che oggi si è caricato di un’importante funzione sociale. Queste le caratteristiche del genere scoppiato negli anni Settanta che hanno portato l’Unesco a dargli il riconoscimento di patrimonio dell’umanità.


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