La città perduta ai tempi del Coronavirus

  • 05 aprile 2020
  • Danilo Cappiello

Mi manca l’alba che soffia sui campanili

Scosta le coperte 

e con un tiepido sole

sussurra buongiorno alla città.

 

Mi manca l’odore del caffè 

Tu che mi guardi berlo in fretta

e mi auguri buon lavoro sulle scale

mentre maledico l’ascensore che è sempre occupato.

 

Mi manca il traffico al passaggio a livello chiuso da venti minuti.

L’orchestra di clacson on the road

e quella live delle imprecazioni

nel teatro della stazione.

 

Mi mancano i bambini 

i loro zainetti pieni di Barbie e Supereroi

mentre i salutano i genitori all’entrata d’asilo

che si farebbero piccoli piccoli quanto quelle sagome 

pur di starci in quegli zainetti

e non lasciarli soli mai.

 

Mi mancano i nonni che portano i nipoti in villa.

Quelli gli tessono di rughe e sorrisi

i ricordi più belli da indossare

o quelli che gli raccontano la vita

sulle panchine di piazza S.S. Medici. 

 

Mi manca il caos all’ora di punta.

 

Gli alberi di piazza Moro 

che respirano quiete

ed i rami di piazza Marconi

che confessano tristezza e malinconia

al primo pomeriggio. 

 

Mi manca il cuore ed il sorriso dei commercianti.

Quello che pulsa dai portici fino a Via Repubblica

e poi si estende a tutta la città.

 

Mi mancano i ragazzi che a sera

vestono di libertà, vita ed eterna giovinezza

i vicoli e le strade del centro storico

sotto lo sguardo maestoso e barocco della Cattedrale

e sotto quello quattrocentesco, del Torrione Angioino. 

 

Mi mancano i loro futuri eterni amori adolescenziali. 

 

Mi manca il pala “Borsellino” nei sabati di Futsal

o il “Città degli Ulivi” alla domenica quando gioca il Bitonto.

MI mancano le maglie neroverdi, l’abbraccio, l’urlo GOAL

ed il commento a sera 

di rientro verso casa

con la vista della città che si estende

lungo la discesa di Via Megra. 

 

Mi mancano l’arte, il teatro, le strade, le processioni, i rumori.

 

Mi manca tutto questo.

Bitonto e le sue bellezze.

Mi manca la sua mano 

che è il più rude degli schiaffi

e la più dolce delle carezze.

 

Una preoccupazione a tarda sera

ad un sospiro dalla nottata

che diventa speranza e preghiera 

nell’abbraccio 

della sua Vergine Immacolata.


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