Le "Rime" di Isabella Morra del prof. Palumbo

  • 27 ottobre 2020
  • Mario Sicolo

Cinquecento anni fa, una ragazza di appena 25 anni, nella penombra della solitudine, vestì di parole dolcissime e dolenti il suo amore. E, ispirandosi al modello lirico per eccellenza dell'epoca, l'accidioso chierico Francesco di Ser Petracco, sicut docebat il Cardinal Bembo, sognò per i suoi piccoli grandi frammenti perenne gloria nel mondo troppo maschilista delle lettere, ieri come oggi. Nel denigrato sito di Favale, l'odierna Valsinni, feudo in subappalto alla sua famiglia, Isabella Morra - ecco il nome della fanciulla innamorata - provò il più nobile dei sentimenti per il già coniugato don Diego Sandoval de Castro, signore di Bollita. Iberico essendo, costui non poteva non essere considerato un nemico dal di lei ambiguo padre Giovan Michele e torvi pargoli al seguito, tutti filofrancesi. E fu strage: vita strappata con violenza agli amanti e persino all'aio che tentò di farsi sensale. Decio, Cesare e Fabio, i fratelli assassini, credettero di aver sepolto per sempre la sorella peccatrice. Ma non potevano mai immaginare che la Poesia, con la possa alata della sua bellezza, riuscisse a condurre fino a noi la storia del cuore di Isabella. Che, poi, ha avuto la ventura seconda di incontrare sulla sua strada il professor Gianni Antonio Palumbo, scrittore di rara sensibilità, che ha preso fra mani carezzevoli il superstite Canzoniere e, liberatolo dalla mielosa gromma romantica, ne ha lumeggiato con certosina acribia e profonda raffinatezza il pregio tutto letterario. 

E sono componimenti che lasciano un segno indelebile nel petto di chi li legge. Soprattutto se, magari in una serata emozionante ideata dal Cenacolo dei Poeti dell'ineguagliabile Nicola Abbondanza, nella struggente cornice della Galleria Nazionale, diretta abilmente da Nuccia Barbone, a quelle mirifiche parole dà l'anima la voce angelica dell'attrice Rossella Giugliano.


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