Vincenzo Modesto ed il suo amore infinito per il Bitonto

  • 05 luglio 2020
  • Danilo Cappiello

No. Non si è fermata alle ore 18 circa del 22 aprile 2018 a storia d’amore fra Vincenzo Modesto ed il Bitonto.

Non si è fermata quando ha smesso di battersi quella mano sul petto all’altezza del cuore e del leone, quando ha calcato per l’ultima volta l’erba del “Città degli Ulivi” o quando accompagnato da occhi che a stento riuscivano a trattenere lacrime e delusione, ha fatto ritorno verso casa, incuneandosi nei vicoli del centro storico là dove tutto ha avuto inizio. 

In quelle stradine strette, alcune senza uscita e con i massi che rendono instabile ogni passo, un ragazzino dribbla i propri compagni come fossero sagome statuarie, sterza con la leggerezza e la maestria di uno sciatore le curve di quei vicoli e poi scarica nell’arco circoscritto di porte costruire alla meno peggio, bordate di destro che non lasciano scampo ai malcapitati portiere.

Dopodiché si batte quella mano sul petto ed in faccia gli esclama: Io sono Vincenzo Modesto, porto la maglia numero sette e un domani, sarò il capitano del Bitonto. 

Nessuno sembra credergli, alcuni lo deridono, altri ancora lo sbeffeggiano fino a quando, in un uggioso pomeriggio del 2007, contro la Viribus Unitis, quel ragazzino lanciato in campo da mister Giacomo Zunico stupisce tutti, mette a segno la sua prima rete fra i big e dà il definitivo via alla sua stupenda storia d’amore con quella maglia.

Una storia fatta di alti e bassi. DI Gioie e dolori. Di inferno e paradiso. Una storia fatta di trofei come la coppa italia con tanto di goal da cineteca e dedica speciale in quel pomeriggio di Rutigliano o una storia fatta di parole da consegnare davanti ai microfoni quando tutto girava per il verso storto e quasi come lo sentisse un obbligo, era sempre il primo a metterci la faccia. 

Non ha mai illuso nessuno Vincenzo Modesto. Se c’era da dire una verità scomoda e riportare tutti alla realtà, lo faceva senza troppi fronzoli e poi, alle parole, faceva valere la domenica la legge del campo.

Quel campo che lo ha reso uno dei capitani più amati di sempre nella storia del Bitonto, tanto da farci pensare che no, la sua storia d’amore non si è interrotta in quel pomeriggio d’aprile alle 18.00 circa ma che forse, batterà per sempre, sotto quella mano poggiata all’altezza del cuore, sul viso di quel leone.


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